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sabato 14 luglio 2012

Via della Lungaretta, Luce , Piazza Belli, Torre degli Anguillara


Vicolo della Luce nel 1920...oggi e negli acquerelli di Ettore Roessler Franz di fine 800


Vicolo della Luce, che collega via della Lungaretta a via della Gensola, prende il nome dalla vicina chiesa di S.Maria della Luce. Ciò che attira immediatamente l'attenzione è l'edificio situato all'angolo tra il vicolo e via della Lungaretta (nella foto sopra): si tratta di una casa medioevale con struttura in tufelli e mattoni. 

Casa a via della Lungaretta 160 nel 1974

Al pianterreno si nota un avancorpo con scala esterna e due colonne con capitelli marmorei che sorreggono un arco di mattoni (nella foto 1), oggi tamponato, ma che originariamente ne costituiva l'ingresso. La casa, nonostante i rifacimenti, l'intonaco e le trasformazioni, conserva ancora intatto il suo fascino antico, rammentato anche dai beccatelli posti all'altezza del loggiato superiore: notare, immediatamente sopra l'arco, una testa di Bacco incastrata nel muro. 
Vicolo della Luce 1976

La bellezza di quest'angolo medioevale è maggiormente enfatizzata dal fatto che è stato immortalato dal pennello di E.Roesler Franz, che ci ha così tramandato un “fermo immagine” di circa un secolo e mezzo fa (in alto nel paragone fotografico ): l'ingresso di bottega oggi situato in via della Lungaretta 161 costituiva l'accesso all'Osteria del Cipresso, come indicato sulla tavoletta di legno appesa sul muro, che offriva Vino delli Castelli Romani con cucina casareccia. Accanto alla tavoletta possiamo notare la presenza di una bandiera rossa, allora utilizzata per indicare alla clientela un locale con mescita di vino.

Vicolo della Luce 1976

 Da segnalare che la targa posta da Roesler Franz sul vicolo riporta la dicitura Via della Luce, ma non risulta che tale via sia mai proseguita oltre il suo attuale percorso fino a ricoprire il tracciato di vicolo della Luce: forse la spiegazione sta nel fatto che la via era più famosa del vicolo e quindi più rappresentativa ai fini dell'opera pittorica. All'inizio del vicolo, sotto la targa che ne riporta il nome (visibile nella foto sotto il titolo ma anche nell'acquerello, seppur parzialmente coperta dal drappo della bandiera), si trova una targa risalente al 1763, postavi dall'allora Presidente delle Strade Monsignor Passionei, che così recita:

Targa dell'epoca


Via Della Lungaretta

Via della Lungaretta , prima che la costruzione di Viale del Re (viale Trastevere), la tagliasse in due, conl'arco dell'annunziata 1878



Il tracciato di via della Lungaretta corrisponde esattamente al tracciato di un'antica via del II secolo a.C. denominata via Aurelia nova, che iniziando dal ponte Emilio saliva sul Gianicolo ed usciva di città all'altezza della porta Aurelia per dirigersi verso Forum Aureli, l'odierna Montalto di Castro. In seguito denominata via Transtiberina, assunse il nome attuale, diminutivo di Lungara, in seguito al rifacimento di papa Giulio II agli inizi del Cinquecento: poco più corta rispetto a via della Lungara, 700 metri contro i circa 1000 metri della sorella maggiore, ma altrettanto rettilinea, collega la chiesa di S.Maria in Trastevere a piazza in Piscinula.

Angoli scomparsi alle spalle della Lungaretta

 La via fu detta anche vico Castellano per la presenza del palazzo della nobile famiglia romana, un tempo situato tra via della Lungarina e ponte Rotto, demolito alla fine dell'Ottocento per la costruzione dei muraglioni del Tevere. 


















Via della Lungaretta in foto di tardo 800
La via fu brutalmente tagliata in due tronconi nel 1886, con l'apertura di viale del Re (denominato poi viale del Lavoro ed infine viale Trastevere), perdendo così non soltanto unità e continuità, ma anche la funzionalità per cui era stata concepita. Iniziamo la visita di questa via partendo da piazza in Piscinula: sulla sinistra, ai numeri civici 27-31, possiamo notare un edificio del Seicento




 (nella foto ) che presenta al pianterreno una serie di porte ad arco ribassato, tra le quali quella al civico 27 presenta un cartiglio con una croce ed un calice (nella foto sotto)


: si tratta dell'emblema dell'Arciconfraternita di S.Maria dell'Orazione e Morte, come confermato dalla targa marmorea soprastante "DIRECTUM DOMINIUM ARCHISODALITII A S.MARIA ORATIONIS ET MORTIS URBIS", ovvero "Diretto dominio dell'Arcisodalizio di S.Maria dell'Orazione e Morte in Roma".




 Le altre porte, in particolare quelle ai civici 29, 30 e 31, oggi appartenenti ad un negozio adibito a Panetteria, presentano invece una curiosa targa marmorea con su inciso I, II e III. Questa casa appartenne quindi all'Arciconfraternita approvata da Giulio II nel 1552, che attualmente ha la sede in Lungotevere dei Tebaldi 12 ma che officia dal 1576 nella chiesa di S.Maria dell'Orazione e Morte. Oltrepassato viale Trastevere si trova la chiesa di S.Agata , dedicata alla martire protettrice di Catania e fondata, secondo la tradizione, da Gregorio II sulla propria casa quando al pontefice morì la madre: se ciò rispondesse al vero, la chiesa risalirebbe circa al 716. Nel 1375 papa Gregorio XII la concesse ai Dottrinari, i padri che insegnavano ai fanciulli poveri "la dottrina cristiana, il leggere, scrivere et anche grammatica gratis". Sotto Benedetto XIV, nel 1710, la chiesa venne ricostruita da Giacomo Onorato Recalcati. All'interno vi è custodito il venerato simulacro della Vergine del Carmelo, la protettrice dei trasteverini, popolarmente detta la "Madonna de noantri"
Madonna del  Carmine a via della Luce anni 30


 (nella foto 3). Il culto per la Vergine risale ad un periodo di poco successivo al 1535, ovvero quando una grande statua di legno della Madonna fu rinvenuta nei pressi della foce del Tevere a Fiumicino. La Sacra Immagine fu consegnata dai marinai ai frati carmelitani di S.Crisogono, che riconobbero in essa la Vergine alla quale era intitolato il loro ordine. Trasferita, all'inizio del Seicento, in una cappella appositamente costruita dal cardinale Scipione Borghese, la Madonna fiumarola (così viene anche denominata proprio a causa del suo rinvenimento) vi rimase fino al 1890, quando, in seguito alla demolizione dell'edificio per l'apertura di viale Trastevere, fu trasferita nella chiesa di S.Giovanni dei Genovesi.

La Madonna del Carmine mentre transita alla Lungaretta, dietro la casa medioevale al num.160
descritta  all'inizio, a vicolo della Luce 1930

 Dopo pochi decenni la statua fu definitivamente trasferita a S.Agata: da qui esce ogni anno, in occasione della "Festa de noantri", la maggiore festa religiosa e popolare di Trastevere nonché una delle poche superstiti a Roma, per essere portata in processione rivestita di abiti preziosi e gioielli donati dai fedeli. Dopo un lunghissimo tragitto per le strade del rione viene esposta per 8 giorni nella vicina chiesa di S.Crisogono, dopodiché viene riportata nella chiesa di S.Agata. 

S,Rufina in un disegno del Morlacchi





S,Rufina in un disegno del Morlacchi


Proseguendo verso piazza di S.Maria in Trastevere incontriamo un'altra chiesa bellissima ed altrettanto antica, quella delle Ss.Rufina e Seconda (nella foto 4), costruita, secondo la tradizione, sulla casa delle due martiri, sorelle nella vita e nel martirio, ricordata già nel 1123 in una bolla di papa Callisto II con il titolo di Sanctae Rufinae et Secondae e nel Catalogo di Cencio Camerario del 1192. Nel 1569 la chiesa fu acquistata da padre Ordoñes per i Mercedari spagnoli, dai quali nel 1611, per volontà di papa Paolo V Borghese, passò alle religiose radunate da Francesca Montoy, primo nucleo di quello che diverrà l'Ordine delle Orsoline: in questo stesso periodo fu costruito l'annesso convento, luogo di ritiro per donne povere, costruito su un'insula romana, poi ampliato tra il 1716 ed il 1722. Nel 1917 il complesso passò alle suore di Carità dell'Immacolata Concezione d'Ivrea. Della chiesa incorporata nel monastero è visibile, dall'esterno, soltanto il portale sormontato da un timpano triangolare. 






Dell'antica chiesa medioevale rimangono soltanto le otto colonne di spoglio di marmo antico (con i capitelli scalpellati perché probabilmente raffiguravano divinità pagane, così come anche il cippo che sorregge l'altare maggiore) che dividono la chiesa in tre navate ed il bel campanile romanico del XII secolo (nella foto 5). La torre campanaria, con base quadrata, è a tre ordini e presenta una copertura con tetto a spiovente.
 I piani sono scanditi da una cornice aggettante costituita da una serie di mensolette marmoree, sotto le quali ne corre un'altra in laterizi disposta a denti di sega. Nella facciata di ciascun piano si aprono quattro bifore (alcune murate probabilmente per motivi di staticità) divise da una sottile colonnina. All'interno sono conservate due campane risalenti al XVII secolo.




Via della Lungaretta angolo S.Rufina 1946

 Il campanile reca ancora i segni dell'insurrezione garibaldina del 25 ottobre 1867: qui si erano posizionati infatti gli zuavi delle truppe pontificie, che combatterono contro un piccolo gruppo di insorti barricati nel prospiciente edificio, sede del lanificio Ajani. Per questo motivo sulla facciata del palazzo campeggia un'imponente lapide, affissavi il 25 ottobre 1877, sormontata dal busto di Giuditta Tavani Arquati (collocatovi due anni dopo, nel 1879, ed opera dello scultore Achille Della Bitta), perita nello scontro insieme al marito Francesco ed al figlio Antonio (nella foto 6 busto e lapide). I fatti risalgono al 1867, quando un'esplosione fece saltare in aria la caserma Serristori occupata dagli zuavi, causando 34 vittime: i colpevoli della strage, Giuseppe Monti e Gaetano Tognetti, subito catturati, confessarono e, dopo un anno di processo, furono ghigliottinati nel 1868 in via dei Cerchi. La reazione della polizia pontificia proseguì con l'accerchiamento del lanificio Ajani, all'interno del quale erano stati informati che vi si radunavano i cospiratori. 


25 OTTOBRE 1867 ECCIDIO AL LANIFICIO ARQUATI

Era la notte tra il 24 ed il 25 ottobre 1867: nel lanificio si trovavano 80 persone, tra le quali Francesco Arquati, marito di Giuditta, ed i figli Pasquale ed Antonio. Le truppe pontificie spararono sui rivoltosi dal campanile della chiesa delle Ss.Rufina e Seconda e dalle finestre dell'Ospedale di S.Gallicano e, nonostante la lunga e strenua difesa dei combattenti avversari, riuscirono ad entrare nel lanificio e fu una strage: un morto tra gli assalitori e 11 tra i difensori, tra i quali Giuditta, con il ventre squarciato, insieme al marito ed al figlio sedicenne. La lapide così recita:
6 Busto di Giuditta Tavani Arquati e lapide




Vicolo di S.Margherita alla Lungaretta 1929
IL XXV OTTOBRE MDCCCLXVII IN QUESTA CASA
ULTIMO RIFUGIO DELL'INSURREZIONE TRADITA
SENZA SPERANZA DI VITTORIA
TRENTASETTE CITTADINI PER TRE ORE L'URTO
DI VILI E FEROCI MERCENARI
SOSTENNERO PER LA SALUTE DI ROMA
STRENUISSIMAMENTE PUGNANDO
NEL SANGUE VERSATO DA FRANCESCO ARQUATI
PAOLO GIUSEPPE GIOVANNI GIOACCHINI
CESARE BETTARELLI ANGELO MARINELLI
GIOVANNI RIZZO AUGUSTO DOMENICALI
ENRICO FERROLI GAETANO BARTOLINI
Targa a  Giuditta Tavani Arquati  vcia della Lungaretta 1930

SPENTI NELL'IMPARI LOTTA...



AFFOGO' IRREPARABILMENTE IL DOMINIO TEMPORALE
DEI PAPA
GIUDITTA TAVANI ARQUATI ANIMA ANTICA
CON LA VOCE CON LO ESEMPIO INCORO' I COMBATTENTI
DA PREZZOLATI STRANIERIINSIEME AL DODICENNE FIGLIUOLETTO ANTONIO
FU ASSASSINATA
DUE A MORTE VENTI ALTRI COMBATTENTI A DURI CEPPI
I SACERDOTI DI PACE DANNAVANO
COME A SANTUARIO QUI TRAGGONO
LE NUOVE GENERAZIONI
DALLA VIRTU' DAL SACRIFICIO
DI QUESTI FORTISSIMI FIGLI DEL POPOLO
APPARANDO LA FEDE
ONDE SURGONO GLI EROI
ONDE SCATURISCONO I MARTIRI
I CITTADINI DI TRASTEVERE - LA SOCIETA' OPERAIA CENTRALE ROMANA
POSERO QUESTA MEMORIA IL XXV OTTOBRE MDCCCLXXVII.


Piazza Belli



inaugurazione della statua di Tripisciano del Belli 1913..


La piazza, situata dinanzi a ponte Garibaldi, deve il suo nome alla memoria del più grande cantore dialettale di Roma, Giuseppe Gioachino Belli (1791-1863). Il monumento-fontana dedicato al poeta è opera dello scultore siciliano Michele Tripisciano (che rinunciò al proprio compenso) e sorse per pubblica sottoscrizione. L'importo preventivato di 30.000 lire fu raggiunto anche grazie agli incassi di rappresentazioni straordinarie ai teatri Adriano, Valle e Quirino. Inaugurato il 4 maggio 1913, il Belli, raffigurato con cilindro e bastone, poggia la mano destra sulla spalletta di ponte Fabricio, accanto ad una delle erme marmoree quadrifronti per le quali il ponte fu anche denominato ponte Quattro Capi. 


Vogliamo segnalare due cose: il bastone è attualmente in ferro, fissato con cemento e dipinto di nero a simulare l'ebano, in sostituzione di quelli in legno originali, rubati più volte da burloni o da cacciatori di souvenir; inoltre si noti la mano destra del poeta con l'indice ed il pollice "quasi" chiusi a cerchio: forse è soltanto una posizione della mano appoggiata alla spalletta del ponte, ma il popolo interpretò malignamente quel gesto che a Roma ha un significato alquanto volgare (significare andare a quel paese).





 Il monumento presenta la seguente iscrizione: AL SUO POETA G.G. BELLI IL POPOLO DI ROMA MCMXIII; in basso, in rilievo, si trova il padre Tevere con la Lupa ed i Gemelli. Sul retro, sempre in rilievo, è raffigurato un gruppo di popolani intorno alla statua di Pasquino. Ai lati del monumento vi sono, sollevate di tre gradini, due fontanelle (una delle quali nella foto 1), simmetriche e gemelle, ciascuna formata da una bella vasca trilobata in marmo, con bordo modanato, nella quale un mascherone barbuto, appoggiato su una mensola ed al centro di due ampie volute, versa un abbondante getto d'acqua a ventaglio.



Riportiamo qui, in onore del grande poeta, uno dei suoi sonetti più noti, Er giorno der giudizzio:


1922 inaugurazione della casa di dante,
 presente il sindaco ed alte autorità dell'epoca
 



Quattro angioloni co le tromme in bocca
Se metteranno uno pe cantone
A ssonà: poi co ttanto de vocione
Cominceranno a dì: "Fora a chi ttocca".
Allora vierà ssù una filastrocca
De schertri da la terra a pecorone,
Pe ripijà ffigura de perzone,
Come purcini attorno de la biocca.
E sta biocca sarà Dio benedetto,
Che ne farà du' parte, bianca e nera:
Una pe annà in cantina, una sur tetto.
All'urtimo uscirà 'na sonajera
D'angioli, e, come si ss'annassi a letto,
Smorzeranno li lumi, e bona sera.



Torre degli Anguillara

Arco dell'Annunziata
Arco dell'Annunziata,,Torre degli Anguillara

La Torre degli Anguillara e relativo palazzo sono situati in piazza Sidney Sonnino e costituiscono un unico complesso. Nel loro più antico assetto risalgono al XIII secolo: la prima parte del fabbricato è quella sul lato verso il Tevere, nel quale è ancora riconoscibile il portico con colonne a capitelli in forma di foglie. 



Fu il conte Everso II a ricostruire quasi dalle fondamenta il palazzo con torre, intorno al 1455, creando, oltretutto, la parte di fabbrica su via della Lungaretta ed imprimendo ovunque lo stemma con le due anguille incrociate. 

Cortile dell'Anguillara 1900


E.Roessler Franz Corte degli Anguillara

Nel 1538 il palazzo passò ad Alessandro Picciolotti da Carbognano, amanuense della corte pontificia e vassallo degli Anguillara. Nel 1542 il complesso venne duramente danneggiato da un terremoto e da allora entrò in crisi.

Torre degli Anguillara 1906

 Divenne stalla, macello, cantina: prova di questo stato di degrado furono i nomignoli di Carbognano e Palazzaccio con i quali i trasteverini indicarono la costruzione. 


Ettore Roessler Franz...da dotto l'arco dell'annunziata  verso il fiume..a destra l'attuale "Casa di Dante"

Infine, nell'Ottocento, la struttura passò ai Forti, una famiglia della borghesia trasteverina, la quale vi insediò una fabbrica di smalti e vetri colorati e la rese nota per un presepio particolarmente artistico. 

E.R.Franz un dipinto che ritrae l'Arco dell'annunziata, la madonnina ad esso dedicata
dietro la torre dell'Anguillara senza gli improbabili merli aggiunti nel restauro..tutto è
andato perso per i muraglioni sul Tevere e la costruzione di Viale Trastevere (all'epoca Viale del Re)

Nel 1887 il complesso fu espropriato dal Comune di Roma, che ne curò il restauro nel 1902 affidandolo all'architetto Fallani. Risultò una ristrutturazione un pò artefatta, specialmente nella merlatura della torre. 

torre degli Anguillara..Viale del Re e via della Lungaretta 1908
1878 ultimi giorni prima delle demolizioni per la costruzione di Viale del Re: torre degli Anguillara ancora collegata ai caseggiati

Il portale quattrocentesco è sovrastato da una finestra con uno stemma di Everso II; una scalinata coperta conduce alla loggia ad arcate. La facciata su via della Lungaretta ha conservato le antiche finestre crociate, ma quelle centinate al pianterreno sono un rifacimento. Nel 1921 il complesso fu affidato alla "Casa di Dante", una società promotrice di studi danteschi.

Via e Chiesa di santa Bonosa


La chiesa di Santa Bonosa era una chiesa di Roma, nel rione Trastevere, che affacciava sulla piazza omonima.


E.Roessler Franz chiesa di santa  Bonosa



1878 chiesa di S.Bonosa

 È stata demolita nel 1888 durante la costruzione dei muraglioni del Tevere e per far spazio a piazza Sonnino.


case a santa Bonosa..si vedono già le palizzate  per i lavori di smembramento delle rive del Tevere per la
costruzione dei Muraglioni, che comporterà la demolizione di tutto ciò.. il cupolone dei Catinari sullo sfondo

Scorci fotografici realizzati intorno il 1878 tra le case di Santa Bonosa


È annoverata fra le filiali di San Crisogono già nella bolla di Callisto II del 1121Giovanni Battista de Rossi, dal rinvenimento di una iscrizione cristiana votiva, inclinava a dedurre che un locus sanctus esistesse già nel secoli V o VI; l’Armellini vi ravvisò, sotto costruzioni del sec. VII-IX, avanzi di una casa romana del sec. V.

Via di S.Bonosa e Piazza dell'Olmetto, due scorci irrimediabilmente perduti
Scale e Mignani tipicamente Trasteverini perduti irrimediabilmente, erano le antiche case spesso costruite su fondamenta di costruzioni Romane

 È menzionata anche col nome di Santa Venosa, e nei cataloghi dei secoli XV XVI.
Così l’Armellini parla della chiesa:




Un altro gioiello demolito ...
ritratto poco prima dell'epilogo.. 
«  Era una delle più storiche e antiche chiese del Trastevere. Delle sue origini nulla sappiamo con certezza, tranne che sono antichissime. Stefano Cappello, che ne fu rettore nell' anno 1589, pubblicò gli atti del martirio della santa, il corpo della quale era stato trovato in quella chiesa medesima un secolo prima, cioè nel 1480. D’onde e quando colà fossero venute quelle reliquie è ignoto... Un documento dell’anno 1256 è la più antica memoria superstite della nostra chiesa trastiberina, dal quale si raccoglie che in quell’anno la memoria dedicata a Bonosa era assai antica, e che la tradizione circa la vera titolare di quel santuario era oscurata ed incerta. Assai probabilmente la chiesa fu edificata nella casa già santificata dall’abitazione della martire romana.
È veramente l’antichità somma dell’edifizio risulta anche oggi dall’esame che ne ho fatto io stesso in occasione di alcuni recenti lavori per restaurarla. Ivi ho ravvisato costruzioni del secolo VIII o IX; e nell’angolo sinistro, sotto la scala che mena al palco dei cantori, sono state testé scolpite tracce di pitture di quella stessa epoca, rappresentanti teste giovanili di santi col capo nimbato. Anche nella parte destra della chiesa si accennava ad una stanza ricoperta di fino intonaco messo a colori e che io giudico del secolo V, la quale potrebbe essere l’avanzo d’una casa romana di quel secolo incorporata alla chiesa, forse quella medesima dei genitori di Bonosa.
Non si può deplorare abbastanza la distruzione avvenuta testé di questa piccola e monumentale chiesuola. »
(Armellini, op. cit., p. 684-685)

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